La notizia, da ieri, è sulle pagine e le bocche di tutti: lo IOC (Comitato Olimpico Internazionale) ha teso di nuovo la mano agli sport elettronici. Un altro passo avanti verso il definitivo sdoganamento di una disciplina ancora bistrattata in quasi tutti i Paesi del mondo, nonostante le reazioni decisamente perplesse da parte dei non “addetti ai lavori” – in particolare sui media nazionali italiani.
Nel comunicato “Communique of te Olympic Summit“, pubblicato sul sito ufficiale, sono state tirate le somme della discussione intavolata a Losanna dai leader del movimento olimpico mondiale.
Tra i vari punti elencati nel documento, dunque, anche una apertura verso i videogiochi elettronici competitivi, che tuttavia non indica ancora una vera e propria equiparazione agli sport tradizionali.
Il punto della situazione
«“eSports” are showing strong growth, especially within the youth demographic across different countries, and can provide a platform for engagement with the Olympic Movement.» si legge nel paragrafo dedicato. «Competitive “eSports” could be considered as a sporting activity, and the players involved prepare and train with an intensity which may be comparable to athletes in traditional sports.»
Potrebbe essere considerato, potrebbe essere comparabile. Per il Comitato Olimpico Internazionale, dunque, gli esport hanno sulla carta i requisiti necessari per essere riconosciuti alla pari di quelli tradizionali (un vasto e sempre crescente pubblico, allenamenti intensi, etc.), ma l’obiettivo non è ancora stato raggiunto.
Cosa serve per fare il passo decisivo? Nel documento, lo IOC indica in modo molto generale quelli che, secondo lui, sono i punti fondamentali sui quali si dovrà lavorare per raggiungere il tanto sognato via libera:
1. In order to be recognised by the IOC as a sport, the content of “eSports” must not infringe on the Olympic values.
Cosa si intende per valori olimpici? Come indicato nel sito ufficiale IOC, l’obiettivo del movimento olimpico è quello di contribuire alla costruzione di un mondo migliore e pacifico educando i giovani alla pratica sportiva senza alcuna forma di discriminazione e in pieno “spirito olimpico”, che richiede comprensione reciproca, amicizia, solidarietà e fair play.
Lo stesso Presidente Thomas Bach, tuttavia, mise il primo paletto agli esport il 28 agosto con un’intervista al SouthChina MorningPost:
We want to promote non-discrimination, non-violence, and peace among people. This doesn’t match with video games, which are about violence, explosions and killing. And there we have to draw a clear line.
Questo, in linea teorica, taglierebbe fuori una grossissima fetta di titoli competitivi, tra cui anche alcuni dei più popolari esponenti dell’esport come CS:GO e Overwatch. Sarebbero però pienamente riconosciuti tutti i titoli sportivi, i simulatori di guida e, probabilmente, anche quelli di carte.
Il secondo punto riguarda, invece, la sua regolamentazione:
2. A further requirement for recognition by the IOC must be the existence of an organisation guaranteeing compliance with the rules and regulations of the Olympic Movement (anti-doping, betting, manipulation, etc.).
Per essere riconosciuti come sport, i videogiochi competitivi e i loro tornei dovranno necessariamente essere regolati in modo chiaro riguardo tutti quei comportamenti considerati antisportivi dal Comitato Olimpico Internazionale (come doping, scommesse, etc.). A presiederne il corretto sviluppo del settore dovrà porsi una “organizzazione” internazionale la quale, presumibilmente, dovrà porsi a capo delle rispettive infrastrutture di livello nazionale.
Guardando la situazione attuale, tra WESA, IeSF e singoli Publisher – che difficilmente saranno così inclini a trattare con terze parti -, servirà parecchio tempo per arrivare a sbrogliare la matassa. Trovare delle regole comuni e, soprattutto, un organo capace di ergersi ad arbitro super partes sarà un compito tanto importante quanto complicato.
Stesso obiettivo, diverso percorso
L’esport mondiale, dunque, non deve smettere di lavorare.
Riuscire ad ottenere il riconoscimento come sport da parte del Comitato Olimpico Internazionale è stato e rimane un obiettivo di grande importanza, non tanto per l’ammissione o meno ai Giochi Olimpici (sulla quale, in realtà, la stessa community esport è parecchio divisa) ma per la possibilità da parte dei giocatori e delle società di ottenere una serie di diritti indispensabili per la loro sopravvivenza – come l’ottenimento di VISA per sportivi o l’adeguamento dei salari.
Per quanto riguarda, invece, l’opinione “comune” il percorso da intraprendere dovrà essere un altro. Non c’è infatti IOC che tenga finché i videogiochi, a livello culturale, continueranno a rimanere tali. Per cambiare tale diffidenza non basterà una firma o l’inserimento in un elenco ufficiale. Servirà continuare, con perseveranza e pazienza, a dare un’immagine degli esport che ne renda davvero giustizia e che ne metta in risalto i valori più nobili, assolutamente equiparabili a quelli delle discipline “tradizionali”.