Il 2018 verrà ricordato dai posteri per il Movimento #MeToo, creato per portare alla luce i casi di molestie sessuali. Dopo il caso Weinstein, sono state parecchie le citazioni in giudizio che hanno colpito altri campi. Le critiche, purtroppo, non hanno risparmiato nemmeno il settore videoludico. E a finire al centro del ciclone è stato, per l’ennesima volta, una delle più grandi aziende del nostro settore. Dopo aver denunciato il clima denigratorio avvertito al proprio posto di lavoro, due donne hanno ora deciso di portare in tribunale Riot Games.
La vicenda
Il Riotgate è nato quest’estate dopo un’indagine realizzata da Kotaku.com, nella quale è stata rivelata l’aria malsana che si respirava secondo le due dipendenti nell’azienda creatrice di League of Legends. Melanie McCracken e Jessica Negron hanno ora citato in giudizio la casa di West Los Angeles per violazione delle disposizioni contenute nel California’s Equal Pay Act. Nell’incartamento depositato alla suprema Corte della California, le due accusano Riot di molestie sessuali e discriminazione di genere sul luogo di lavoro, affermando che entrambe sono state discriminate sia in termini di assegnazione delle mansioni che in termini di retribuzioni. Nelle 37 pagine dell’atto le due descrivono Riot Games come entità discriminante capace di opprimere qualsiasi forma d’opposizione nonché di creare atmosfera di diffidenza nei confronti degli oppositori.
Riot Games, dal canto suo, aveva già risposto alle accuse riportate dal Kotaku attraverso un comunicato in cui veniva asseriva di applicare la politica della tolleranza zero nel caso di episodi simili, sia che si tratti di dipendenti che di player e/o allenatori.
La società ha anche citato come esempi il caso Daniel Klein, ex system designer, o dell’ex coach dei Golden Guardians, Locodoco.