1° ottobre, MGW17 – A pochi metri da una PG Arena in festa (intenta a sostenere le finaliste dei Red Bull Factions di League of Legends) la fiera milanese non si ferma. Al contrario, diventa il teatro di tanti altri eventi esport. Allo stand OMEN by HP, per esempio, c’è uno speciale show match: sul palco è presente la Nazionale italiana di Overwatch – che nel mese di luglio ha partecipato ai Sydney Qualifier della World Cup – impegnata in una serie di partite con i fan. A prestare la propria voce come host e commentatore è, come nel più classico degli eventi riguardanti lo sparatutto Blizzard, Alberto ‘Herc’ Pahle.
Classe 1982, content creator con il canale H82 Overwatch, commentatore ufficiale degli eventi italiani (recentemente anche dei Contenders), Commissario Tecnico insieme a Thomas ‘Hal’ Avallone ed Edoardo ‘Carnifex’ Badolato della stessa Nazionale. Herc è diventato in questi anni un po’ il papà della community del Bel Paese. I ragazzi presenti allo stand HP lo ascoltano, ridono e applaudono alle sue battute, riservandogli lo stesso affetto donato ai giocatori. In un breve momento di pausa, uno dei più vicini al palco ne approfitta per fermarlo pochi secondi: «Ciao, posso lasciarti un video da qualche parte? Vorrei diventare un caster». Alberto annuisce, gli stringe la mano e gli consiglia di inviarlo alla sua pagina Facebook.
Al termine dello show match, dopo più di 4 ore impegnato a intrattenere una discreta folla, inizio a dubitare che possa avere la voglia di farsi intervistare. Invece, una ventina di minuti dopo, eccolo arrivare allo stand di The Games Machine. Sembra che non esaurisca mai le energie.
Una grande famiglia
Dall’ultima volta che parlammo (potete leggere qui l’intervista) si sono conclusi diversi eventi. Questo di Milano, tuttavia, porta con sé qualcosa di speciale, persino per uno navigato come Herc.
«Sono abbastanza abituato a un certo genere di emozione» confessa. «Però questa volta è stata di quelle che ti danno la carica, l’adrenalina giusta per cercare di fare del tuo meglio. Più che altro è stata l’energia che mi sono sentito addosso: sono partito gasato e ho fatto, penso, un lavoro buono.»
Gli faccio notare che buono, forse, è un po’ riduttivo. I 1500 spettatori che hanno saturato la PG Arena il giorno delle finali OPC non saranno di sicuro rimasti lì, seduti anche in terra, esclusivamente per vedere un paio di partite. È stato altro a spingerli a restare, qualcosa che difficilmente si trova guardando una diretta streaming.
«Probabilmente chi sceglie di seguire Overwatch cerca un’esperienza a 360°. È un gioco che prende veramente tutto, non è soltanto una questione di esport. Ci sono i cosplay, ci sono i personaggi… Tu ti innamori del mondo, di tutto l’insieme. La gente che abbraccia Overwatch entra a far parte di una community che diventa poi come una grande famiglia. Secondo me è proprio per questo che live siamo fortissimi.»
Di questo nostro peculiare punto di forza pare che si sia accorta anche la stessa Blizzard.
«Probabilmente si allontanerà un pochino dall’esport italiano per cercare di globalizzare» ammette. «Però sul lato community martellerà moltissimo. Poi noi siamo un Paese che su questo campo ha tantissimo da dare ed è proprio per questo che in eventi del genere esplodiamo.»
Il calore è stato tanto, anche verso i giocatori della Nazionale allo stand HP. Quando gli chiedo come mai ci sia così tanto affetto verso di loro nonostante Overwatch sia un gioco a pagamento e in Italia non arrivi, per esempio, ai numeri raggiunti da League of Legends, Herc ha una teoria:
«Senza nulla togliere agli influencer di LoL, che sono bravissimi e stimo tantissimo (in particolar modo Terenas!), forse noi di Overwatch siamo un pochino più “persone”, un po’ più “famiglia”. Io stesso cerco sempre il lato umano. Sarà che sono padre, più grande, sarà che certi problemi personali li ho già risolti da molto tempo [ride, nda] ma non ce l’ho più con la gente, anzi. La amo. Cerco di dare anche un po’ questo amore per la vita al di fuori del gioco che secondo me è molto importante.»
Ricominciare
In una cornice come quella della MGW (e del post-OPC) non si può non parlare dell’argomento “esport italiano”. In questo periodo il mondo competitivo del nostro Paese sta tentando di fare il salto di qualità, forse anche per scrollarsi di dosso l’amarezza riportata in valigia al ritorno da Sydney. Team come MorningStars, Epok e Mkers sono stati alcuni tra i più chiacchierati di questa estate appena trascorsa. Gli chiedo se, secondo lui, siamo pronti per varcare i confini nazionali.
«Sai, nella vita ci sono dei momenti in cui tocchi il tuo fondo e poi risali. Momenti in cui fai degli sbagli grossi e poi capisci da dove ricominciare. Diciamo che questa è un po’ la nostra situazione, sia per quanto riguarda Overwatch che per l’esport italiano in generale. Abbiamo fatto tanti fallimenti negli ultimi 15 anni. Adesso secondo me abbiamo il “know how” per capire come andare avanti.»
«Il discorso è questo: alcuni stanno intraprendendo la politica del “martelliamo tutti con questo esport”, altri invece pensano di lasciarlo sbocciare pian piano. Secondo me, martellando rischi che la gente si rompa le scatole. In Italia dobbiamo andare piano, crescere lentamente.»
La chiave per il successo, per Herc, sta nelle mani dei giovani.
«Non stiamo puntando abbastanza sui ragazzini.» afferma con decisione. «Il pubblico dell’Arena ha 12-15 anni. Sono quelli che fidelizzano di più, vogliono qualcuno in cui identificarsi. Se fino ad ora ci sono stati i calciatori, i cantanti o i ballerini, aggiungiamoci anche il giocatore. Com’è possibile che in Italia non ci abbia pensato nessuno? Bisogna partire dal basso per creare l’esport. I pro-player coreani, per esempio, sono dei teen idol!»
Ed è vero. Chiunque guardi l’APEX o qualsiasi competizione coreana o cinese noterà sicuramente il trasporto col quale i giocatori vengono sostenuti, specialmente del pubblico femminile. Per guadagnarsi un affetto così grande, tuttavia, c’è bisogno di risultati importanti. L’Italia deve entrare nei circuiti che contano.
«La cosa che più ci serve adesso è che dei team italiani sfondino questo Contenders.» spiega Herc. «Ci stiamo avvicinando: i Mkers se la giocano alla pari di quelli già dentro, nonostante il passo falso dell’ultimo open. I MorningStars stanno andando davvero forte in Europa in questo momento e da casa sono molto più forti che in live. Purtroppo la loro giovane età li condiziona parecchio. Gli Epok sono molto più grandi e sicuri, avendo anche partecipato alla World Cup. Anche i Forge e i Next promettono bene, anche se i primi soffrono un po’ i problemi tecnici delle LAN. Se decidessero di ampliare il numero di squadre al Contenders avremmo sicuramente più spazio anche noi.»
I progetti di domani
Proprio a proposito di Contenders (le cui finali di domani e domenica verranno commentate da lui e Grrimmjow sul canale Gdivision, nda), la domanda mi sorge spontanea. Dopo aver parlato del futuro di Overwatch, dei suoi giocatori e dei suoi fan, quali sono i suoi personali progetti?
«La mia carriera da caster in questo periodo è ripartita da zero» ammette, con una piccola nota d’orgoglio. «Fino ad ora ho lavorato per brand e organizzatori italiani, con eventi, budget e pubblico sempre diversi. Questa è una seconda nascita perché sto lavorando con il Publisher, con budget piuttosto ridotti ma l’opportunità di poter crescere. Infatti Blizzard pian piano ci da un pezzetto in più di corda. Chissà che non si riesca ad arrivare alla Overwatch League!»
Non posso che annuire, sarebbe sicuramente uno spettacolo da non perdere.
Questa lunga chiacchierata con Herc, in verità, prosegue ancora per svariati minuti a microfono spento. Si fantastica su un improbabile Taimou con maglia rosso Ferrari all’interno di un team italiano nella Overwatch League. Si parla dell’esperienza di suo fratello Edoz in Sud Corea, del suo prossimo viaggio al BlizzCon di novembre e persino del successo riscosso da Cerys sul pubblico femminile di Sydney. Poi, a fiera conclusa, ci salutiamo. Moglie e figlio lo aspettano a casa, così come il suo lavoro “ufficiale”.
«Lavoratore di giorno, caster di notte!» commenta divertito. Perché la passione, quella vera, non dorme mai.