Prima di affrontare questo editoriale vi ricordiamo che tutte le considerazioni e le analisi che il lettore avrà modo di leggere in questo editoriale non sono avvalorate da tesi scientifiche e sono da prendere come il frutto di argomentazioni personali dell’autore del testo.
L’obbiettivo dell’articolo è quello di informare, lasciando aperte diverse interpretazioni e soluzioni, riguardo il problema del bullismo che verrà affrontato in relazione all’ambiente degli sport elettronici.
Cosa si intende per bullismo?
In Italia il bullismo ha radici antiche. Si deve scavare in profondità per capire il problema che sta alla base di questo fenomeno; si tende spesso a minimizzare, nascondere, seppellire nelle profondità dell’inconscio una preoccupazione che spesso e volentieri si manifesta come una vera e propria violenza.
Il bullismo è un fenomeno grave, talmente tanto diffuso da riguardare da vicino tutti noi. Basta entrare in un edificio scolastico di qualsiasi città italiana per rendersene conto: i presidi degli istituti comprensivi combattono questo problema da anni con campagne di stigmatizzazione dell’odio nei confronti dell’altrui dignità e persona.
La stessa Polizia di Stato ha aperto uno sportello dedicato e conduce lei stessa delle attività di prevenzione e contrasto su tutto il territorio nazionale, cercando di arginare un problema sociale che affligge la nostra società e causa dolore a molti ragazzi e bambini.
Con l’avvento della rivoluzione informatica, il bullismo ha conosciuto un altro grande alleato che sta diventando sempre più diffuso e pericoloso: il cyberbullismo. Un fenomeno che abbandona la vita reale e si manifesta nel mondo online attraverso internet e i collegamenti che una persona, ancor prima che bambino e ragazzo, ha con questo mondo.
Spesso e volentieri il bullismo e il cyberbullismo si manifestano insieme; l’uno è la prosecuzione dell’altro, in una spirale tremendamente pericolosa e che spesso può comportare dei gravi problemi o addirittura gesti estremi per chi li subisce.
I soggetti più colpiti sono le bambine e le ragazze, spesso vittime di epiteti denigratori o peggio ancora di vere e proprie persecuzioni da parte di loro coetanei o addirittura di adulti, che hanno il solo scopo di trovare giovamento da un divertimento effimero e sostanzialmente ignorante.
Come si sviluppa il bullismo
Il bullismo per potersi sviluppare all’interno di una società ha bisogno di un contesto sociale favorevole, di un’omertà di base che tende a proteggere chi è causa di questo problema.
In un edificio scolastico, ad esempio, con migliaia di studenti e decine di classi, il fenomeno del bullismo per sua natura può radicarsi facilmente.
Frequentemente, episodi molto gravi si sviluppano all’interno degli istituti comprensivi dove il ragazzo o la ragazza vengono prima emarginati dal contesto di classe e poi vessati e perseguitati da tutta una serie di figure che chiameremo “bulli” che, per guadagnare consenso e rispetto all’interno del proprio gruppo, commettono atti irripetibili di violenza sia fisica che psicologica.
Tuttavia, non solo nelle scuole c’è il pericolo che fenomeni di bullismo prendano piede e si sviluppino con relativa facilità. Anche nel contesto extra-scolastico c’è la possibilità di ritrovarsi emarginati da un gruppo e vittime di angherie e soprusi di ogni genere.
Anche in questo caso gli obbiettivi cosiddetti “sensibili” sono tutti quei ragazzi o bambini che spesso introversi, spesso ritenuti “diversi” (o addirittura, nel peggiore dei casi, disabili) hanno il solo “problema” di non condividere le stesse passioni, gli stessi movimenti, la stessa lingua o colore della pelle di chi li sta vessando per una colpa non propria.
Un singolare alleato
Gli sport elettronici sono una disciplina sviluppatasi per comprendere tutta la parte competitiva dei videogiochi: il fattore ludico e l’agonismo hanno generato quelli che oggi in tutto il mondo sono noti come esport.
Probabilmente, sono nati parallelamente al fenomeno del cyber-bullismo. Due mondi completamente differenti che, con l’avvento di internet, hanno avuto la casualità di condividere un’espansione a livello planetario.
Proviamo ora a fare un piccolo esperimento, partendo con l’idea di organizzare (all’interno di un edificio scolastico o meno) dei corsi sulla divulgazione degli sport elettronici e cerchiamo di immaginare e analizzare le reazioni di una ipotetica classe di 20 bambini, dove episodi di bullismo più o meno gravi si sono verificati nel recente passato e sono ancora tangibili varcando fin da subito la porta d’ingresso dell’aula.
In prima istanza, probabilmente, gli sport elettronici incuriosirebbero tutti allo stesso modo, fatto estremamente importante in un contesto dove si è sempre stati divisi per “caste” e che ora ha trovato una pur labile parità. Nel momento stesso di introduzione dell’argomento abbiamo avuto una momentanea assenza di disparità sociale.
Iniziando a domandare alla classe cosa siano gli sport elettronici e se conoscano qualche esempio, ci si renderebbe subito conto che il fenomeno della disparità sociale è profondamente radicato: alcuni bambini inizierebbero a parlare sopra gli altri che intanto si stanno sbracciando per essere notati, mentre altri, più timidi, quasi si nasconderebbero per non essere interpellati.
Proprio su questo bisogna dedicare una profonda riflessione. Gli esport hanno la possibilità di coinvolgere davvero tutti. La moltitudine di videogiochi che ne compongono il panorama ci aiuta non poco nel definire un ambito di intervento che ci permetta di azzerare le disparità sociali e di creare da zero le condizioni per sviluppare un equilibrio all’interno di questo gruppo classe che abbiamo preso come oggetto di esempio per questo nostro editoriale.
Alla fine del corso, tutti i bambini avranno trovato il loro percorso, scegliendo il loro videogioco preferito, e tutti saranno perfettamente in grado di giocare ad un livello base.
Questo è sufficiente per combattere il bullismo? La risposta è ancora no.
All’inizio, tutti deciderebbero di giocare un titolo in base a loro conoscenze pregresse o per fama e durante le sfide con i loro compagni ci potrebbero essere delle ulteriori frizioni.
A questo punto si dovrebbero introdurre dei linguaggi del corpo e telematici allo scopo di stemperare le tensioni e rendere il contesto competitivamente amichevole, tipico del sano agonismo. Si dirà infatti ai bambini di stringere la mano del proprio avversario prima di ogni partita e subito dopo aver finito, di scrivere: “GL HF” (Good luck have fun, ndr.), prima di cominciare a giocare e “GG” (Good game, ndr.) magari seguito da un “WP” (Well played, ndr.) al termine di un incontro.
In quella stretta di mano reciproca, in quel GL HF di inizio partita, si avrebbe una situazione di equilibrio dove nessun bambino sarà inferiore a un altro ed entrambi inizierebbero a giocare ad “armi pari”.
Se poi ci sarà chi vorrà provare un altro gioco, chi deciderà di continuare il suo percorso in un titolo 1vs1, non c’è alcun problema, in quanto si sarà creata all’interno del gruppo classe una conoscenza di base di tutti i titoli tale da permettere a chiunque di capire le regole di un videogioco scelto da un altro bambino e questa rappresenta una svolta estremamente importante in quanto il fatto di non avere più barriere permette a tutti di parlare almeno una lingua comune, quella degli sport elettronici.
Tutti avrebbero pertanto un punto in comune e tutti verranno rispettati allo stesso modo in quanto “esperti” di un determinato settore.
In questo modo il bullismo può essere combattuto efficacemente attraverso gli esport, tuttavia c’è bisogno della collaborazione di istituzioni ed enti che devono avere il coraggio di integrare nei loro programmi dei progetti alternativi che possano sviluppare una cultura di equità e rispetto del prossimo che spesso è assente al giorno d’oggi.
Il contributo delle community
Abbiamo detto che gli sport elettronici hanno avuto lo spiacevole onere di essersi sviluppati di pari passo al fenomeno del cyberbullismo che, in confronto al bullismo tradizionale, si sviluppa attraverso internet.
In questo caso non si può intervenire direttamente, non si può lavorare per azzerare e ricostruire ma bisogna affrontare il problema con la consapevolezza di essere di fronte ad un fenomeno molto più diffuso di quello che si possa pensare.
Nell’affrontare il cyberbullismo le community dei vari titoli videoludici competitivi devono avere un ruolo centrale e costituiscono una colonna portante di questa battaglia.
Molto spesso la vittima si ritrova ad essere isolata sia nel mondo reale che in quello virtuale e trovare una comunità di persone corretta, sana e inclusiva può aiutare e non poco a superare i gravissimi problemi derivanti dal fenomeno descritto.
Inserire una vittima di cyberbullismo all’interno di una comunità videoludica potrebbe essere estremamente importante, perché il coinvolgimento in attività ricreative e ludiche potrebbe contribuire a sviluppare certezze e serenità nella quotidianità dell’individuo.
Il fatto stesso di sapere che c’è qualcuno che ti sta aspettando dall’altro lato dello schermo non appena tornato da scuola per poter giocare con te, per poter scambiare due chiacchiere e per poter condividere momenti di aggregazione – attraverso le azioni del tuo stesso gioco preferito e della tua stessa passione – è qualcosa che può realmente contribuire a sconfiggere il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo efficacemente.
In questo contesto però le community, e più in generale chi le gestisce, hanno la responsabilità di contribuire a sviluppare un percorso di crescita sano e privo di qualsivoglia problema interno, cercando di creare un ambiente amichevole e costruttivo basato sul rispetto e sull’amicizia.
Chi scrive ci tiene a precisare che NON bisogna sottovalutare le minacce della rete che ci sono e sono molto pericolose, sopratutto se si parla di minorenni i quali possono essere adescati facilmente da elementi loschi che andrebbero denunciati, emarginati e il loro comportamento segnalato all’autorità giudiziaria che dovrebbe avere la forza di punirli in modo esemplare e rapido.
Le community non sono le sole “armi” che gli sport elettronici possono vantare di avere per combattere il fenomeno del cyberbullismo. Un altro tema importante è proprio il fatto di poter essere connessi con tutto il mondo e questo permette molto spesso di incontrare giocatori provenienti da culture completamente differenti dalla propria.
Condividere i propri pensieri e sentimenti con comunità di persone che magari hanno il tuo stesso problema ma fanno fatica a farlo emergere nel proprio contesto culturale è estremamente importante nella lotta al bullismo digitale.
Gli Sport elettronici non sono soli
Fortunatamente, nella lotta al bullismo e al cyberbullismo, gli sport elettronici non sono soli.
Tante altre discipline sportive e associate negli anni hanno portato avanti dei progetti importanti con investimenti governativi o fondi propri per combattere la diffusione di questo problema.
Anche il CONI ha avviato delle campagne di sensibilizzazione sul tema del bullismo e portato avanti attività integrative su tutto il territorio nazionale che si sono sviluppate parallelamente a quelle statali.
Questo ha permesso di iniziare a sviluppare una cultura del bullismo come elemento realmente esistente e fortemente negativo per il corretto sviluppo della nostra società.
Gli sport elettronici non sono riconosciuti a livello statale, né a livello sportivo se non da alcuni enti di promozione ma non per questo devono sentirsi inferiori in questa lotta. Al contrario, possono elevarsi a degno rappresentante di una disciplina così diffusa nel nostro paese che può essere motivo di traino per il raggiungimento di obbiettivi comuni.
Gli esport hanno anche il compito di educare e siamo certi che nel futuro potranno essere utilizzati per contrastare efficacemente questi fenomeni; bisogna avere il coraggio di tentare, le carte in regole le abbiamo, ora tocca a noi.
Siete d’accordo con le analisi espresse nel nostro editoriale? Vi invitiamo a commentare utilizzando un comportamento civile e maturo consono al contesto, estremamente importante e delicato, tema di questo articolo.
Continuate a seguirci 🙂
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