Come far fuoco sulla croce rossa
Ben conscio di tutte le polemiche che potrebbero scaturire a seguito della pubblicazione di questo editoriale voglio iniziare a parlare di una storia dai risvolti oscuri, quasi da giallo noir, una di quelle che ti lasciano col fiato sospeso fino a quando non scorri l’ultima pagina e leggi il “nome dell’assassino“.
Il lettore avrà sicuramente sentito dire almeno una volta nella vita la famosa frase:”Non si spara sulla croce rossa“, il motivo è semplice, la croce rossa in guerra non ha armi per difendersi, non è lì per combattere ed è spettatrice innocente delle atrocità di un conflitto.
Ed ecco come il paragone tra croce rossa e minorenni nel mondo degli esports calza a pennello, vittime di un sistema senza scrupoli che è attratto dal guadagno e si allontana dall’obbiettivo primario lo: “Sport“.
Possiamo chiamarli esports?
Aggregazione, passione, gioco, collaborazione, lealtà, sportività, rispetto delle regole, un insieme coeso di valori che sono assolutamente importanti e da trasmettere quando si parla di “esport”.
Molto spesso tutto questo viene semplicemente ignorato a favore del mero guadagno.
Si punta a fare numeri e ci si allontana dal focus primario e così avviene anche e soprattutto nei confronti dei minorenni.
Quale Sport VIETA ad un minorenne di partecipare a delle gare/tornei/competizioni? Quale Sport VIETA ad un minorenne di seguire la propria passione?
NESSUNO.
Gli Sport Elettronici, tuttavia, molto spesso ci regalano perle di così grandi dimensioni che potremmo arricchirci semplicemente a guardarle.
Si dia il caso, infatti, che nel 90% dei circuiti professionistici videoludici tutti i giocatori devono almeno avere 16 anni di età per poter prendere parte alle competizioni di maggior rilievo.
Così si uccidono i sogni
Immaginate di trovarvi nei panni di un bambino che abbia l’abitudine di indicare il poster di “Ronaldo” affisso sulla parete e dire ripetutamente:”Un giorno, da grande, voglio diventare come lui“, classica frase, classico esempio.
Ora sempre nel vostro mondo immaginario continuate a scorrere con gli occhi su quella parete fino a trovare un altro poster dove spicca sì il calciatore ma scritto molto in piccolo, ad incuriosire l’osservatore, vi è una frase:”Per poter giocare con Ronaldo dovete aver compiuto minimo 30 anni, ma non vi preoccupate, nel frattempo potrete giocare in tutte le altre competizioni collaterali“.
Immaginate di traslare l’esempio al mondo esportivo e sempre continuando a sforzare quell’immaginazione che tanto viene richiamata in queste righe pensate a come sia oggettivamente impossibile attendere anche solo pochi anni per diventare professionisti di un determinato videogioco.
Non solo perchè più si diventa grandi e più la concorrenza aumenta ma anche perchè a differenza del gioco del calcio i videogiochi competitivi hanno una durata nel complesso limitata.
Così può capitare che il minorenne dopo anni di allenamento e sogni si ritrovi incredibilmente tagliato fuori da quella scena competitiva tanto desiderata poichè non esiste più una scena competitiva.
“Ronaldo” si è ritirato, “Ronaldinho” ha appeso mouse e tastiera al chiodo, a “calcio” non ci gioca più nessuno, insomma una situazione che al posto di costruire e dare speranza ai sogni di un bambino cerca di distruggerli in pezzi così minuscoli da rendere impossibile anche solo un tentativo di ricomposizione.
Una doverosa considerazione
Il lettore potrà opinare alle parole precedenti con una frase piuttosto comune:”Il paragone Sport ed esports può essere valido fino ad un certo punto, negli sport esistono tornei e campionati dedicati esclusivamente ai minorenni mentre nella nostra disciplina ancora siamo in alto mare, come si può pretendere di considerare tutti gli eventi come degli “open”?”.
Sono d’accordo, in parte, anche se in assenza di regolamentazione, di pianificazione di campionati dedicati ai minorenni, di un circuito solido di eventi e tornei per gli U18, non ritengo che sia possibile comunque non permettere la partecipazione di un minorenne ad un evento esportivo sia a livello nazionale che internazionale.
Il problema degli organizzatori è prettamente legale, ovviamente, ma la questione si potrebbe risolvere tranquillamente attraverso la volontà da parte delle aziende di trovare un accordo con i tutori legali del videogiocatore minorenne affinchè possa essere concesso a lui di partecipare ad uno o più eventi, nella visione più semplicistica e rosea.
Il paragone con gli Scacchi
Scacchi ed esports sono praticamente la stessa cosa, due sport della mente, uno della vecchia generazione ed uno della nuova, due rette parallele coincidenti nell’atto ultimo di condividere una responsabilità tanto grande quanto importante: quella di educare.
Negli Scacchi prima di cominciare una partita ci si stringe la mano, un segno importante, come è altrettanto importante il “GL HF” che il videogiocatore competitivo augura al suo avversario prima di iniziare il proprio incontro.
Utilizzando un paradosso estremo, ma non così tanto, giocando bendati non si riconoscerebbero differenze tra un videogiocatore ed uno scacchista, questo per dire che non esiste differenza di sesso o età, tutti sono esattamente uguali poichè entrambe le discipline si affidano esclusivamente ad abilità logico matematiche ed allenamento “casalingo” per conseguire risultati.
Negli Scacchi la situazione dei minorenni è sempre stata molto discussa, oggi dopo tanto lavoro tra le federazioni nazionali e l’interlocutore mondiale (FIDE) si è arrivati alla decisione universale che gli scacchi siano una “Gens una Sumus” e che quindi minorenni ed adulti devono avere pari diritti e doveri durante le competizioni.
Questa forte apertura da parte della federazione internazionale di Scacchi ha permesso a molti minorenni di andare a giocare le Olimpiadi degli scacchi, di girare il mondo, di scoprire nuove persone e culture, di vivere appieno l’esperienza di un magico mondo quello dello sport.
Così dovrebbe essere anche per gli Sport Elettronici, dovrebbe essere data la possibilità a tutti di competere, di regalare e regalarsi emozioni indescrivibili, gioie e momenti che durano solo un istante.
esports:”Carpe diem”
Allora non bisogna perdere più tempo, le società organizzatrici degli eventi devono aprire le porte a tutti i volenterosi che hanno in programma di provare l’ebbrezza di un Dreamhack nel caldo sole di Valencia, di un Intel Extreme Masters in diretta dagli USA, di un LCS giocato a Berlino…
Senza questa apertura avremo perso tutti, avrà perso quella componente “sportiva” che caratterizza la nostra disciplina, avremo perso una grande opportunità collettiva per il nostro mondo.
Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti gli interlocutori possibili, a partire dall’Italia, è necessario dunque lanciare un appello a GEC – Giochi Elettronici Competitivi, Sport Elettronici, LNE ed a tutti gli altri interpreti della scena italiana affinchè comprendano l’importanza dell’apertura del mondo videoludico competitivo nei confronti dei minorenni e che supportino i nostri migliori giovani talenti con dei programmi di formazione ed allenamento di alta qualità.
Un lungo cammino
“La strada è lunga, ma ne vedo la fine” cantava De Andrè rifacendosi ai celebri versi di:”Una avventura a Durango“.
Quanto sono vere ed utili queste parole se lette in chiave esportiva, basterebbe poco per rendere il mondo videoludico competitivo qualcosa di veramente perfetto e proiettato verso il futuro.
In Italia ci sono tanti giovani talenti che vengono limitati ed emarginati per via della loro età quando invece andrebbero aiutati a portare a compimento quel “lungo cammino” intrapreso quasi inconsapevolmente e che li potrebbe, nel giro di poco tempo, portare a risultati incredibili sotto infiniti punti di vista.
La strada è delineata, il traguardo è vicino, ora tocca a noi.
Voi cosa ne pensate? Fateci sapere nei commenti, presto tantissime novità su TGM esports, continuate a seguirci 🙂