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Da community a team: l’uragano HG Esports | Intervista

Ventuno uccisioni a ventuno, un drago in meno e poco più di duemila gold di svantaggio; nonostante i super minion pericolosamente vicini alla zona Nexus, i MOBA ROG stanno tentando il tutto per tutto per frenare l’ulteriore avanzata degli HG Esports dentro la loro base.
Il teamfight decisivo, quello del “dentro o fuori”, inizia per mano di Degh Sama allo sgretolarsi della torre dell’inibitore in corsia superiore. Heroic Charge su Crocomux, al quale segue la Glacial Fissure di Paolocannone. L’attacco, in una frazione di secondo, si ribalta con esito fatale; è proprio il supporto dei MOR a cadere per primo e, nonostante l’abbattimento di Sylas, i suoi compagni fanno ben presto la sua stessa fine. Ryuzaki sigla l’ACE finale per il suo team, che impiega solamente quindici secondi per sbriciolare quel che resta della base avversaria. Due a zero. Vittoria.

Il 16 maggio 2019 è una data importante per gli HG: segna l’ingresso del team nel circuito nazionale ufficiale di League of Legends, ponte verso il più prestigioso trampolino di lancio per il professionismo europeo, gli EU Masters.
«Arrivare al PG Nationals è stato il successo che speravamo di raggiungere in questo 2019 e siamo fortunatamente riusciti a centrarlo al primo tentativo» ci racconta Marco Zingarelli, Presidente dell’organizzazione. «Inevitabilmente, se vuoi essere un’associazione che sta nel panorama con cognizione, non puoi ignorare determinati eventi e la visibilità data dal PG Nationals non arriva con nessun altro evento italiano, al momento».

Evoluzione

Messa in questo modo, la storia degli HG Esports sembra quasi esser cominciata in questo modo, con quell’ultimo teamfight contro i MOBA ROG poco più di un mese fa. Eppure la realtà è ben diversa.
Tutto ha inizio con una grande community italiana di giocatori, gli Hell Gaming, che a parte la smodata passione per il medium videoludico aveva poco a che fare con l’esport come lo conosciamo. I primi movimenti, in tal senso, arrivano a luglio del 2017, quando viene ufficializzata la nascita della vera e propria associazione sportiva dilettantistica.
«C’era già in progetto di sviluppare dei team che non fossero più soltanto gruppi di ragazzi che giocavano assieme, ma che competessero per davvero. Mi sono accorto subito di questa voglia di confrontarsi con un livello sempre superiore, ma sapevo anche di non poter puntare a una competizione fine a sé stessa, che non dà crescita e rischia di non essere sana. C’era da subito l’idea che i ragazzi andassero accompagnati e cresciuti. Da lì è nata la voglia di creare un’associazione che si occupasse di esport».

Hell Gaming inizia a espandersi sul territorio, reclutando giocatori e guadagnando popolarità anche attraverso i suoi membri più attivi come streamer su Twitch. Dopo il passaggio di presidenza da Christian Dampierre a Zingarelli (a quel tempo manager del team di League of Legends) arriva un altro grande passo per la A.S.D., quello del rebrand.
Dal 3 ottobre 2018 il suo nome viene trasformato in HG Esports, mentre sulla maglietta dei giocatori compare un nuovo sponsor ufficiale.

«Nel corso dei mesi si è sviluppato molto velocemente quell’aspetto votato all’organizzazione e alla costruzione dei veri e propri team, tant’è che arrivarono subito i primi risultati. Su Tekken eravamo il team con più punti al TWT e, contemporaneamente, avevamo la terza squadra italiana di Rainbow Six Siege. Nel frattempo abbiamo incontrato Lorenzo [Beliusse] e Reti e da lì abbiamo ragionato anche sul rebrand».

Reti SpA è una società che opera nel settore della consulenza informatica e di business. Lontana, dunque, dal mondo dei videogiochi, ma non per questo meno sensibile al suo richiamo.
«Nel mondo degli esport siamo entrati quasi di pancia», ci spiega Beliusse, attuale responsabile marketing. «Ci sono parecchi ragazzi giovani che hanno questo tipo di passione e la nostra azienda ha una filosofia che spinge molto su quelle dei propri dipendenti. Era una possibilità che già tenevamo d’occhio da un po’ e abbiamo iniziato col creare momenti “più interni”, che poi ci hanno portato alla realizzazione di Esports Italy. Ci è stata riconosciuta questa volontà di mettere assieme determinate voci e far capire che l’esport è qualcosa di reale».

Talmente reale che la società ha poi deciso di sostenere direttamente un team locale.
«In questo cammino cercavamo proprio una realtà che condividesse i nostri stessi principi e avesse molto a cuore i temi della formazione e dell’attenzione alla persona. Perché, insomma, di squadre ce ne sono tante ma c’è bisogno di feeling anche a livello personale. Abbiamo riconosciuto in Marco un manager che, al di là del business e dei risultati, si concentra in primis sui ragazzi e su un approccio internazionale. Non si tratta semplicemente di far “calciomercato” di talenti».

Legge di attrazione

L’incontro giusto al momento giusto, che lo stesso Beliusse paragona a una sorta di “legge di attrazione”. Non c’è dubbio sul fatto che che proprio questa forza abbia permesso ad HG Esports e Reti di migliorare ed espandersi in modo costante, fino ad arrivare alla formazione di ben otto team impegnati a livello nazionale e internazionale in altrettanti ambienti competitivi – Tekken, League of Legends, CS:GO, Dragon Ball FighterZ, FIFA, sim racing, Rainbow Six Siege e Rocket League.
È proprio di quest’ultimo che Zingarelli decide di parlarci per spiegarci l’importanza di saper cogliere al volo le giuste occasioni.

«Siamo stati tra i primi in Italia a costituire un team di Rocket League, quando non era ancora diffusissimo. Circa un anno fa Christian, il nostro vicepresidente, si stava tenendo informato sui titoli che avrebbero potuto avere successo e si è messo a giocare con un gruppo di ragazzi. Si è accorto di quanto fossero forti e ha iniziato a seguirli, creando con loro un buon rapporto. Quando Reti organizzò la prima “serata gaming” per i propri dipendenti, uno dei tornei organizzati fu proprio quello di Rocket League. Decidemmo così di portare anche i ragazzi che, tra l’altro, sono anche giovanissimi… Alcuni hanno 16 anni, uno addirittura prese per la prima volta l’aereo per venire, accompagnato dal papà!».

La cura per questo nuovo trio, formato da Sorius, Hyder e Covari, ha portato i primi risultati in un batter d’occhio, grazie a un ottimo secondo posto alla loro prima LAN (il Rocket Colosseum). E come abbiamo visto, persino il team di League of Legends, inserito in un contesto competitivo ben diverso rispetto al titolo Psyonyx, è riuscito a tagliare traguardi importanti, beneficiando anche di una certa continuità del progetto HG Esports.

«Il mondo di LoL prevede dei contratti tra giocatori e squadra molto brevi e gli stessi tornei hanno una durata trimestrale, quindi i player possono cambiare spesso team. Nonostante questo, il fatto di avere dei rapporti che si protraggono nel tempo ti porta ad avere più stabilità, una base su cui puoi lavorare anche per i singoli eventi».

Stare all’interno di circuiti come il PG Nationals o l’EVC non è sicuramente facile, nemmeno per un team strutturato. Entrarci (e soprattutto rimanerci) richiede tantissimi sforzi collettivi e un grosso impiego di risorse ed energie, che vanno naturalmente incanalate nel modo giusto.

«Molto del nostro lavoro ha a che fare con le persone, col far crescere i player e sviluppare un rapporto che sia sempre positivo e propositivo» continua Zingarelli. «È far capire che stare in un team come HG Esport non è come stare col gruppetto di amici, dove se perdi la partita puoi lamentarti su Facebook. Difficilmente troverai un singolo post di un nostro membro che fa una cosa del genere. Anche quando nascono polemiche la nostra politica è quella di non alimentare il flame, ma questo si può ottenere fare solo se i ragazzi condividono questo tipo di percorso».
«Nel momento in cui passa la nozione di essere sportivi», aggiunge Beliusse, «agire con rispetto non solo nei confronti dell’avversario ma anche del proprio compagno di squadra diventa la base».

Solide fondamenta

La parola principi – sportività, rispetto, serietà e passione – ricorre più volte durante i loro discorsi e non è difficile comprendere quanto sia HG Esports che Reti la considerino un po’ come la base attorno alla quala si è sviluppato l’intero progetto. A queste quattro parole è stato dedicato persino uno spazio importante sulla home page del sito ufficiale. Ma c’è anche un altro punto che, con gli anni, è diventato una sorta di marchio di fabbrica dell’organizzazione: la coltivazione di talenti.

Un percorso simile a quello del team di Rocket League è stato affrontato con la squadra di Tekken 7: «In un periodo nel quale i player aderivano solamente alle singole community cittadine – come Tekken Milano o Tekken Torino – siamo stati i primi a prendere un gruppo di giocatori e costituire il cosiddetto team» racconta Zingarelli. «Ovviamente, essendo un esport individuale, questo concetto era inizialmente un po’ strano... Cosa può offrire una squadra? Semplicemente plasma il modo in cui cresci».
La divisione, gestita da Mariano Lequile, da allora è rimasta una delle più attive sul territorio nazionale e può vantare al suo interno talenti come Mitrust-Storm, Crossfire e Danielmado.
Quest’ultimo, in particolare, ha una storia davvero singolare, un po’ controcorrente rispetto a quella della sua squadra, che lo ha portato a contatto con il picchiaduro 3D di Bandai Namco solamente con l’uscita del suo ultimo capitolo.

hg esports

Affidandosi all’esperienza dei veterani e ai consigli dei professionisti (come il mental coach Mario Lucchetta), HG Esports si è messa in gioco in prima persona per permettere a lui e agli altri ragazzi di allenarsi nel migliore dei modi e raggiungere grandi risultati.
«Lo scorso anno Daniel è arrivato a vincere la competizione che l’ha portato poi a rappresentare la nazionale italiana ITeSPA a Taiwan».

Purtroppo la trasferta all’IeSF World Championship non è stata delle più fruttuose. Il giovane si è visto sfumare il passaggio del primo turno davanti agli occhi, complice anche lo sfortunato accoppiamento con un veterano del calibro di Chanel.
«Questo fatto ci ha messi davanti a due soluzioni» ammette Zingarelli, «dire “vabbè abbiamo provato e non è andata”, oppure capire che eravamo sulla strada giusta consentirgli di crescere e migliorare. Tutto il team ha puntato sulla seconda soluzione e abbiamo avviato una sorta di training itinerante, che ha portato Daniel a visitare in soli due mesi Corea, Giappone e Taiwan».

Un occhio al futuro

Il motivo dietro a un impegno così profuso, sia da parte di HG Esports che di Reti, non è solo la crescita repentina degli esport a livello globale, ma, soprattutto, la fioritura del mercato nazionale.
«Il fatto di avere circuiti che diventano appuntamenti fissi e che iniziano a riempire i teatri aiuta i team a strutturarsi» afferma Zingarelli. «Inevitabilmente dovrà esserci una crescita in professionalità da parte sia dei tournament organizer che di team e player. Dall’anno scorso si è avviato un percorso secondo me molto positivo, che è andato nella giusta direzione, ma bisognerà fare ancora tanta strada per arrivare ai livelli europei».

Tale crescita, però, non deve dimenticarsi di coinvolgere anche i non “addetti ai lavori”, in particolar modo i genitori.
«Io non sono vecchissimo ma mio padre ha ancora l’idea che il PC sia una perdita di tempo» fa notare Beliusse. «Quel tipo di lavoro culturale deve partire dalla formazione. Sarebbe bello che arrivasse in qualche modo come tema da approcciare alle scuole in un futuro prossimo, so che ci sono enti che stanno promuovendo corsi, in collaborazione con università e master. Ecco, questi credo siano i passaggi giusti per arrivare lontano, non tanto un qualche exploit temporaneo, da “prendo il malloppo e scappo”».

L’entusiasmo di Reti per il mondo videoludico ha sicuramente spinto HG Esports verso risultati molto importanti sul campo ma, c’è da ammetterlo, è vero anche il contrario.
«Questa contaminazione ci ha portati ad aprire un canale Discord!» racconta infatti Beliusse. L’azienda, che conta circa 350 dipendenti, oggi ha al suo interno una vera e propria comunità – una sorta di eredità spirituale dei vecchi Hell Gaming? -, che si ritrova una volta al mese a giocare ai videogiochi, con tanto di tornei, classifica e premiazione. Un dare e ricevere che ha dunque arricchito entrambe le parti, un esempio di come un team esport possa crescere e far crescere anche in un Paese come l’Italia.

Altre info su Erica Mura

Adora i videogiochi perché ama immergersi nelle atmosfere magiche di qualsiasi mondo fantasy - da Lordran a Runeterra, da Atreia alla Sardegna. Dal cibo, sua altra grande passione, ha portato all'interno delle sue esperienze videoludiche la predilezione per il sale.

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